Dalle pagine de ‘La Stampa‘, il procuratore di Napoli Nicola Gratteri denuncia apertamente il fallimento del sistema carcerario italiano, dichiarando che per la criminalità «è ormai più facile gestire una piazza di spaccio in carcere che fuori».
di Gabriele Caruso
«Il traffico di sostanze stupefacenti dentro i penitenziari è diventato un vero e proprio business. È più facile oggi gestire una piazza di spaccio in carcere, dove i detenuti di spessore hanno a disposizione una nutrita manovalanza di detenuti di minore levatura per la gestione, che in una singola città ove le rivalità tra clan ne riduce la loro potenzialità. I capi si arricchiscono e i detenuti tossicodipendenti invece di essere curati continuano a drogarsi in ambiente che dovrebbe invece essere deputato al loro recupero.
È oltremodo necessario recidere definitivamente il fenomeno con la predisposizione di jammer con i quali poter impedire ai telefonini, in possesso illecitamente dei detenuti, di poter ricevere e comunicare. Ci sono detenuti appartenenti ad organizzazioni mafiose che organizzano incontri telefonici, anche collettivi e finanche tra carcere e carcere. Un capomafia, inserito nel circuito dell’Alta Sicurezza, riservata essenzialmente a soggetti di elevato spessore criminale, che ha nella disponibilità un telefono cellulare rappresenta il sunto di un fallimento.
Con l’occhio rivolto alle dinamiche extra-murarie, i boss riescono agevolmente a mantenere vivi e vitali i rapporti criminali, nonché ad accrescere il loro prestigio e, di pari passo, il vincolo associativo stesso. Credo assolutamente si debba parlare di fallimento, o, forse meglio, di un duro colpo che la criminalità di stampo mafioso sferra allo Stato, nella sua perenne e gravosa lotta a tale abietto fenomeno».
Last modified: Aprile 29, 2024